La Casa dei diavoli rossi

12 novembre 2015 di Teresa Vergalli

Sono stata a Vasanello, simpatico comune del viterbese, terra di ulivi, nocciole,  vigneti e  castagne ed anche di un castello Orsini. C’era da festeggiare  l’ anniversario della fondazione della Casa del Popolo, in coincidenza con l’iniziativa “La notte rossa” partita dall’Emilia  su e giù per l’Italia.
Questa Casa del Popolo ha una storia notevole.  Tirata su tra il 1952 e il 1954 a forza di offerte e di lavoro volontario dei contadini e braccianti poveri della Federterra,  restaurata e rinnovata nel 1984 è anche un luogo  bello e insolito.   



Alle pareti principali fanno bella mostra due grandi affreschi di scene contadine, la vendemmia e l’ aratura. Nella parete di fondo, a sinistra  c’è addirittura un Cristo molto giovane, con un gesto che sembra benedire e nel contempo invitare ad un cammino comune. I dipinti sono opera di un pittore poco noto, Giulio Francesconi, scultore e ceramista proveniente da Viareggio e capitato in questa terra di etruschi e di ceramiche negli anni del dopoguerra  e conquistato fino alla fine dalla gente e dai luoghi. Pittore poco noto ma non banale, tanto che al momento della sistemazione, la sovraintendente alle belle arti ne apprezzò il valore e collaborò al recupero. Ora giustamente la Casa è intitolata a lui, che se lo merita non solo per i dipinti, ma per averne accompagnato e sostenuto la nascita e le funzioni. Fu addirittura lui a chiamarla “La casa dei diavoli rossi”, chiamata anche “La casa del popolo grande”.
All’inizio erano 88 metri quadrati di area fabbricabile, di proprietà del Comune,  chiesti in acquisto dal presidente della locale Lega dei Contadini. Con grandi sacrifici e intoppi burocratici la Casa del  Popolo Grande viene ultimata ed è a disposizione di tutti i lavoratori, leghe e sindacati e le sezioni comuniste e socialiste.

Perché voglio parlarne?



Per dire che è stata una festa durata tre sere, con me a anche con Adelmo Cervi, moltissima gente e tanti giovani, donne, cibo, musica, idee, amicizie, allegria.

Soprattutto ne voglio parlare  per ricordare il significato e la funzione dei luoghi.

Le Case del Popolo, spesso sedi anche delle cooperative, sono state in Italia il contraltare di tutti gli altri palazzi ove veniva esercitato il potere. Palazzi signorili o vescovili, castelli, fortezze, tribunali, prigioni e persino chiese, sono stati e sono  le sedi che rendono possibili e visibili funzioni e ruoli quasi mai a favore dei deboli.

Le Case del Popolo e le Cooperative sono state in Italia i primi luoghi concreti dove i diseredati, gli ultimi, gli sfruttati potevano  trovarsi, discutere, confrontarsi,  crescere in conoscenza e in coraggio.  Edifici certo modesti a confronto dei palazzi del potere, ma potenzialmente importantissimi, tanto che il fascismo nascente  partì proprio da lì per scatenare la sua violenza.  Niente luoghi di incontro, niente luoghi di riflessione, niente identità collettiva, niente unità, niente condivisione. O meglio,  senza una sede le lotte le condivisioni e le decisioni diventano difficili  e rischiose. Si voleva la plebe lacerata e divisa.
E  oggi, che di sedi collettive non ne abbiamo quasi più?  Sedi cioè aperte al popolo, sedi aperte a tutti.  Ci sono quelle dei sindacati, ma ben  lontane dalle vecchie case del popolo. Sono sedi funzionali, dove si va uno per volta oppure a riunioni e convegni. Ed è già una bella cosa. Non parliamo poi delle sedi di partito, contese a seguito di scissioni o cambi  di alleanze. Addio al “Bottegone” che pure era un simbolo. Ora si è a via delle Fratte, nome che fa pensare ai cespugli. Le sedi PD di quartiere a Roma, aperte a singhiozzo, mettono tristezza.


Direte che  per confrontarci, crescere e conoscere  abbiamo altri mezzi, altre abitudini, altre possibilità. La rete tanto mitizzata, i blog – compreso questo piccolo mio – la posta elettronica, i telfonini, facebook, WhatsApp, twitter,  qualche giornale da leggere forse su uno schermo, quasi mai riunioni vere, semmai grossi raduni in teatri dove tutto è già predisposto e il confronto è riservato ai primi-attori.


Ci sono rimaste le primarie. Mettiamoci in fila per le primarie. Poi alcuni, pochi, andranno anche a votare.
C’è  soluzione? Ad una delle ultime riunioni ove sono andata, qualcuno ha suggerito volantini e passaggi porta a porta. Archeologia! Si piange per le sedi che chiudono causa impossibilità di affitto.

Io non mi sento di piangere sul passato. Non si torna indietro. Bisogna imparare a servirsi meglio dei mezzi del presente, ma non per scambiarsi stupidaggini, battute o parolacce, che su facebook mi infastidiscono tanto. Agli amici del mio quartiere che preparano una iniziativa ho raccomandato niente manifesti, magari solo una locandina, ma tante telefonate, messaggini, email, passaparola.


E soprattutto idee chiare e concrete su problemi reali e sentiti.  Me ne vengono in mente alcuni per primi: il vandalismo nei parchi, le scritte sui muri, le vetture bianche della metro sepolte da immense opere grafittate, l’ineducazione dei padroni dei cani, la raccolta differenziata, i vecchi e le famiglie povere da aiutare, il volontariato, le scuole da ripulire, i beni confiscati alla mafia  da riassegnare al più presto, incontri culturali o festosi con immigrati o rom per smussare il razzismo, i tesori della storia e dell’arte da conoscere e far conoscere.  E potrei continuare.


Se si mettessero in discussione questi temi  credo che le persone tornerebbero nelle sedi, anziché vedere  questo ordine del giorno che mi è arrivato : “discussione politica nazionale comunale municipale, conferenza programmatica e tesseramento” !!!


la notte rossa2015 (59)

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