Tarantella

Tarantella, tarantella a sentilla quant'è bella.
Mò che è morto Celestini Ci ha lasciato roba e quatrìni.
Tutto ha lasciato alla povertà però nessuno ce lo vò da.

Cantavano così i bassanellesi all’inizio del secolo… il secolo scorso, quello appena passato, il ‘900, quello che tante speranze aveva suscitato e altrettante tragedie ha poi provocato, quello che ha prodotto così tanta storia da farci poi credere che la Storia stessa fosse finita, bruciata per sempre dentro ai suoi deliri, dentro alle sue illusioni, dentro ai sogni che diverse generazioni hanno sognato per sé stesse e per gli altri… il “sol dell’avvenire”, il progresso, … la felicità…
Però ci restano le storie di quegli uomini, dentro molte delle quali ancora stiamo, storie che ci riguardano, che ci toccano, che ci appartengono e che raccontano di un modo diverso di pensare il mondo… di intendere i rapporti tra le persone e un’idea diversa e forse più giusta di giustizia e di libertà…

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Il fumo dell’acciaio

di Sefano Paolocci
Fuori c'è un freddo becco. Con Mario ci siamo dati appuntamento proprio qui, davanti a quelle due borchie in metallo cromato che continuano a guardarci benevole: occhi incastonati nell'imperiosa austerità di questo portone in castagno massiccio.
Strano a dirsi, ma nemmeno una settimana fa l'asparagina e un nastro bianco con su scritto “Oggi Sposi” si divertivano a mettere in dubbio proprio la solennità di questo luogo e della sua porta d'ingresso. Per non dire poi del batter di mani che da dentro si faceva strada: altro che comizi o proclami, a rincorrersi erano solo le rime amorose e quelle oscene.
A qualcuno magari questo suo uso, diciamo così, “alternativo”, non è mai andato a genio: è la sede di un partito, del partito comunista, scherziamo?
Ma chi l'aveva tirata su mattone dopo mattone, aveva assicurato che questa sarebbe stata una casa “del” popolo e “per” il popolo, quindi c'era davvero poco da dire.

La casa dei diavoli rossi, Archivio, Giulio Francesconi, Stefano Paolocci

Mario invece ha sempre pensato che ad esagerare un pochino siamo stati proprio noi

Una scelta di vita

di Enrico Gibellieri
1 – Prima dell’iscrizione al PCI
Ho iniziato a lavorare come ricercatore al Centro Sperimentale Metallurgico (poi Centro Sviluppo Materiali in breve CSM), uno dei maggiori centri di ricerca industriale in Europa, nel marzo 1968, dopo aver frequentato un corso intensivo dell’IRI per circa due anni a Terni, Londra e Taranto. Ho subito partecipato alle lotte per il rinnovo del sindacato e, più in generale, ai movimenti per il cambiamento della società che hanno caratterizzato quegli anni, da posizioni di estrema sinistra, vicine al maoismo che allora andava molto di moda (la Rivoluzione Culturale, il libretto rosso di Mao ecc.). Essendomi iscritto alla facoltà di geologia all’Università di Roma, ho avuto la possibilità di vivere quel periodo sia come lavoratore che come studente.
Ho iniziato a frequentare occasionalmente Vasanello dal 1967 e ho iniziato a viverci dopo il matrimonio nel gennaio 1971.

La casa dei diavoli rossi, lega dei contadini, Romano Salvatori, Giulio Francesconi, Enrico Gibelleri, PCI, Ugo Sposetti, Quarto Trabacchini, Luigi Petroselli

2 – L’iscrizione al PCI e la situazione nella sezione di Vasanello